“Perché l’hai chiamato The Journey (il viaggio)?”
“In realtà è stata Um Mahmoud, alla guida di questo gruppo di donne, ad averlo definito così: durante la nostra permanenza lì, a loro è sembrato di essere uscite dal campo”.
Il campo è quello per rifugiati palestinesi di Ain al Hilweh, in Libano, e le donne sono Um Mahmoud e le altre artigiane del ricamo palestinese, il tatriz.
La conversazione risale a due giorni fa: la co-fondatrice di 81 Designs, Nadine Maalouf, pone le sue domande a eL Seed in uno dei Talk previsti nel programma di Abu Dhabi Art 2019.
The Journey nasce dalla collaborazione tra lo street artist eL Seed (Tunisia – Francia) e 81 Designs come esperienza di scambio tra i murales del primo e il tatriz, il ricamo tradizionale realizzato dalle donne palestinesi.
Così eL Seed racconta l’esperienza sui social: “Due anni fa, 81 Designs mi ha contattato per collaborare a un progetto con le artigiane di Ain al Hilweh, in Libano. L’idea era di ricreare alcune mie opere in forma di ricamo palestinese. Le opere sono state poi vendute nel 2017 nel corso della fiera Art Dubai. È stato un vero successo, ma sentivo che il progetto non era completo. Avevo bisogno di incontrare queste donne e creare con loro qualcosa. Lo abbiamo fatto alcuni mesi fa: abbiamo dipinto diversi murales per tutto Ain al Hilweh e quei murales sono stati riprodotti in forma di ricamo palestinese. Li presenteremo il 20 novembre nell’ambito della fiera Abu Dhabi Art”.
Qual è l’anima di 81 Designs? “Fondata da Nadine Maalouf e Nesrine El Tibi Maalouf, 81 Designs è un’impresa sociale per l’empowerment delle donne artigiane attraverso il design e l’arte”, come si legge sul loro sito.
La co-fondatrice ha specificato che tutti i proventi raccolti alla fiera con la vendita delle opere realizzate dalle artigiane palestinesi saranno usati per sostentarne il lavoro.
eL Seed racconta di aver scritto sui muri del campo di Ain al Hilweh bellissime citazioni del poeta palestinese Mahmoud Darwish, preselezionate dall’artista e poi proposte alle artigiane che hanno contribuito alla selezione finale. Nel video proiettato nell’ambito della fiera di Abu Dhabi Art, sentiamo le donne del campo che recitano le parole scelte:
أنا من هناك. أنا من هنا
.ولستُ هناك, ولستُ هنا
[Io sono di lì. Io sono di qui
E non sono lì, e non sono qui]
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لو يذكر الزيتون غارسه
! لصار الزيت دمعا
[Se gli ulivi sapessero chi li ha piantati
l’olio si trasformerebbe in lacrime]
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وأَقولُ لنفسي : سيطلع
…من عَتْمتي قَمَرُ
[E mi dico: dalla mia oscurità spunterà una luna…]
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! نعاني من مرضٍ عضال اسمه الأمل
[Soffriamo di un male incurabile che si chiama “speranza”!]
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لا ليل يكفينا لنحلُمَ مرتيّن
[Nessuna notte ci basta per sognare due volte]
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الفلسطينيون يحبون الحياة
[I palestinesi amano la vita]
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وطني ليس حقيبة وأنا لست مسافر
[La mia patria non è una valigia e io non sono un viaggiatore]
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eL Seed spiega divertito che i muri dipinti sarebbero 7 “ma in realtà sono 8, perché mentre dipingevamo davanti a un negozio, qualcuno ne è uscito con dei felafel che ci ha offerto chiedendomi di dipingere l’insegna del suo locale. Ma quella scritta poi non è stata trasformata in ricamo tradizionale…”
“Qual è stato l’elemento più significativo del collaborare insieme a questo progetto?”, gli chiede Nadine Maalouf.
eL Seed: “Dico sempre che l’arte è un pretesto per l’esperienza umana. Per me l’aspetto significativo del progetto è mostrare che ci sono ancora persone a cui interessa questa causa. Nei media non si sente spesso parlare dei rifugiati palestinesi in un campo, e penso che il progetto faccia maturare consapevolezza. Credo che la mia arte sia un pretesto, uno strumento in tal senso”.