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Fino al 30 settembre 2020 Alserkal Avenue (Dubai) ospita la mostra Palestinian Art: Resilience and Inspiration della Zawyeh Gallery (Ramallah) che vede protagonisti alcuni tra i più apprezzati artisti palestinesi. Il testo che presenta la mostra ci porta a scoprire le opere esposte, le sensibilità degli artisti e i temi da loro esplorati. Il testo è stato tradotto da Claudia Avolio per gentile concessione della Zawyeh Gallery
La mostra Palestinian Art: Resilience and Inspiration presenta un gruppo di importanti artisti palestinesi che sono fonte d’ispirazione non solo per la generazione di artisti più giovani in Palestina ma anche per il pubblico più vasto. In tempi di ribellione e instabilità nella regione, le opere d’arte diffondono un messaggio di resilienza a dispetto di ogni previsione.
Nelle opere di Khaled Hourani lo spirito di resilienza è forte ed evidente. Ogni opera presenta un bambino che salta in alto sopra al muro di separazione israeliano (Israeli Apartheid Wall) che appare irrilevante. L’artista si concentra sulla generazione dei giovani che si fanno carico della sfida all’occupazione a prescindere da quanto accade in ambito politico. Sono gli stessi ragazzi che si vedono alle manifestazioni per le strade sfidare a torso nudo l’artiglieria pesante israeliana – i ragazzi del futuro.
La serie di Nabil Anani dal titolo Demonstration mostra corpi intrecciati di donne, uomini e bambini che si muovono in diversi modi. La spontaneità delle persone – donne che tengono a sé bambini, coppie che si abbracciano, bambini seduti sulle spalle delle madri – riflette la centralità della protesta contro l’occupazione nelle vite dei palestinesi. In ogni opera si può cogliere l’immagine di un animale domestico: un cane, un colombo o una capra nascosti tra i corpi umani come se l’artista cercasse di includere vari elementi del quotidiano in queste azioni comunitarie.
Dispiegandosi lungo un’ampia tela, Revolution was the Beginning di Sliman Mansour racconta la storia della Palestina dalla Nakba del 1948 in poi. Partendo dallo sfollamento dei palestinesi, l’artista presenta diverse pietre miliari della lotta palestinese. La tela comincia con la scena di un campo rifugiati sotto un cielo scuro che annuncia tempesta (sulla destra) e culmina con l’immagine di un giovane uomo e una giovane donna che marciano portando con sé una bandiera palestinese (sulla sinistra). Nell’opera d’arte compaiono diversi simboli diretti che richiamano il diritto al ritorno, la prigionia, il muro di separazione, il martirio e la trasformazione della natura della lotta palestinese attraverso la Storia. L’artista rende la Cupola della Roccia e gli oliveti un punto focale del dipinto.
Tayseer Barakat partecipa alla mostra con due opere dal titolo Light in the Dark. A differenza del realismo classico tipico dello stile di Khaled Hourani, Nabil Anani e Sliman Mansour, queste sue due opere sono astratte nello stile. Raccontano in ogni caso la storia di persone in isolamento che desiderano la libertà.
Sono composte da numerosi riquadri, con colori predominanti dal bianco al nero, ognuno dei quali offre una storia diversa: la Nakba del 1948, l’espropriazione, l’intifada, le invasioni israeliane di città palestinesi, il muro di separazione, Gerusalemme e altri dettagli della vita sotto occupazione. Si può notare come il bianco e il nero qui gareggino in un combattimento per il dominio in ogni riquadro come se l’artista stesse redimendo il “bianco” dal pozzo di un ricordo perduto (il nero) nel tentativo di offrire una documentazione alle future generazioni.
Mirror Party di Wafa Hourani è un’opera dai molti livelli che riflette le realtà del vivere sotto occupazione. L’installazione presenta un segmento del muro di separazione israeliano con una previsione: “l’emergere di un partito politico palestinese che pone un grande specchio lungo il muro di separazione facendolo scomparire”. Se da un lato l’opera dimostra l’aspetto significativo delle dimensioni del muro rispetto alle figure, dall’altro il cuore dell’installazione lancia una critica alla situazione politica palestinese interna e pone domande sull’abbellimento del muro rispetto all’affrontare la realtà politica.