Taking Shape. L’arte araba astratta in mostra alla Grey Art Gallery (New York)

Dal 14 gennaio al 4 aprile 2020 l’arte araba astratta fa tappa a New York con la mostra Taking Shape: quasi 90 opere di artiste e artisti esposte alla Grey Art Gallery abbracciano il periodo tra gli anni ’50 e ’80

L’arte araba astratta è la protagonista della mostra Taking Shape che dal 14 gennaio al 4 aprile 2020 è ospitata alla Grey Art Gallery della New York University. Quello che segue è il comunicato stampa della mostra tradotto in italiano da Claudia Avolio su gentile concessione della Grey Art Gallery

Taking Shape: Abstraction from the Arab World, 1950s-1980s esplora lo sviluppo dell’arte astratta nel mondo arabo attraverso dipinti, sculture e opere su carta tra gli anni ’50 e ’80. Osservando criticamente la Storia e la storiografia dell’arte astratta nella metà del XX secolo, la mostra prende in considerazione l’arte dal Nord Africa e dall’Asia Occidentale come parte integrante del discorso sul modernismo globale. Il progetto pone al suo centro una domanda fondamentale di Storia dell’arte: Come studiamo l’arte astratta in contesti diversi e quali modelli di analisi utilizziamo? 

Esaminando come e perché le artiste e gli artisti hanno indagato le capacità espressive di linea, colore e texture, Taking Shape mette in luce una serie di movimenti d’arte astratta sviluppatisi in Nord Africa e Asia Occidentale, così come nella diaspora araba. In queste aree, singoli artisti e collettivi sono stati alle prese con l’autenticità, l’identità regionale e nazionale e la decolonizzazione della cultura. Attingendo dalla collezione della Barjeel Art Foundation (Sharjah, Emirati Arabi Uniti), la mostra si compone di quasi 90 opere di un variegato gruppo di artisti tra i quali Etel Adnan, Shakir Hassan al-Said, Kamal Boullata, Huguette Caland, Ahmed Cherkaoui, Saloua Raouda Choucair, Rachid Koraichi, Mohamed Melehi e Hassan Sharif. Le opere esposte sono state realizzate da artisti provenienti da Paesi come Algeria, Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano Marocco, Palestina, Qatar, Sudan, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti.

Curata e organizzata da Suheyla Takesh (curatrice della Barjeel Art Foundation) e Lynn Gumpert (direttrice della Grey Art Gallery alla New York University), la mostra è visitabile dal 14 gennaio al 4 aprile 2020.

LA MOSTRA

Taking Shape indaga i principi e il significato dell’arte astratta nel contesto del mondo arabo a cavallo tra gli anni ’50 e ’80: un periodo plasmato in modo significativo dalla decolonizzazione, l’ascesa e il declino dei nazionalismi arabi, il socialismo, una rapida industrializzazione, molteplici guerre e la conseguente migrazione di massa, il boom petrolifero e nuove formazioni statali nel Golfo Persico/Arabico. Verso la metà del XX secolo – e in parallelo con una crescente opposizione al coinvolgimento politico-militare dell’Occidente nella regione – numerosi artisti nel mondo arabo hanno iniziato ad adottare un punto di vista molto più critico riguardo la cultura, lottando per fare dell’arte rilevante per i propri contesti politici, culturali e storici. In quegli anni anche nuove opportunità di viaggi internazionali e l’affermarsi della mostra itinerante hanno dato spazio a nuove forme di scambi culturali e didattici che hanno permesso agli artisti di incontrare molteplici modernismi (comprese varie modalità di arte astratta) e di considerare il ruolo dell’artista nell’ambiente contemporaneo internazionale. “Attraverso un esame critico dell’arte astratta nella collezione della Barjeel Art Foundation, la mostra invita a (ri)considerare l’attribuzione a un singolo momento storico del manifestarsi dell’astrattismo”, spiega Suheyla Takesh. “Nel modo in cui emula le pratiche artistiche dell’epoca, la mostra offre anche una visuale su come il discorso contemporaneo sui modernismi globali e sulle genealogie decentralizzate dell’arte astratta si stia sviluppando o – prendendo spunto dal titolo della mostra – stia prendendo forma”.

Lynn Gumpert aggiunge: “La Grey Art Gallery si fregia di affiancare la Barjeel Art Foundation. È davvero appropriato che come museo universitario la galleria ampli gli orizzonti e guardi da vicino all’arte creata nell’arco dei quattro decenni presi in esame da individui provenienti da così tante nazioni diverse, con sistemi di credenze e Storie differenti. Abbiamo scelto un titolo per la mostra, Taking Shape, che riconosce e trasmette al pubblico l’idea che il nostro approccio all’arte astratta nel mondo arabo non è statico – anche riguardo l’arte di questa cornice temporale definita – ed è piuttosto in formazione”.

Un’importante sfaccettatura dell’arte astratta nel mondo arabo ha a che fare con il fascino per il potenziale artistico e formale dei caratteri arabi. Scostandosi dalla calligrafia islamica classica, è nato un nuovo movimento artistico chiamato Hurufiyya, interessato alla lingua araba come elemento visuale e di composizione. In diverse parti del mondo islamico negli anni ’50 sono emerse in parallelo anche esplorazioni formali dell’alfabeto arabo, e l’artista Madiha Umar (Iraq) è spesso citata come progenitrice del movimento. Nelle sue opere compaiono forme di lettere manipolate, decostruite e sovrapposte per creare composizioni curvilinee che evocano i turbinii e i ritmi tipici dei caratteri arabi e il gesto stesso dello scrivere. Mentre la calligrafia araba classica è per tradizione associata a testi religiosi islamici, gli artisti della Hurufiyya hanno trasformato le forme delle lettere arabe in composizioni astratte che potevano essere più facilmente apprezzate da pubblici diversi. Come nota la studiosa Nada Shabout “Liberare la forma della lettera [araba] dalle regole calligrafiche l’ha distaccata dal sacro e le ha permesso di essere vista per le sue qualità plastiche”.

Tuttavia molti artisti, tra i quali Omar El-Nagdi (Egitto) e Ibrahim El-Salahi (Sudan) non si sono del tutto discostati da sfumature religiose o spirituali. Le esplorazioni artistiche di Omar El-Nagdi tra i primi anni ’60 e la fine dei ’70 erano legate in modo indissolubile al pensiero islamico e ai rituali sufi, caratterizzate da astrazioni ritmiche con una somiglianza formale alla prima lettera dell’alfabeto arabo, l’alif, anche prima lettera della parola Allah (Dio). L’articolazione ritmica dell’alfabeto arabo e l’astrazione di forme scultoree africane nell’opera The Last Sound (1964) di Ibrahim El-Salahi fa riferimento all’ultimo suono nel passaggio di un’anima dal livello corporeo a quello spirituale e sottolinea l’impegno dell’artista nel creare arte attraverso un processo spirituale. Distinguendosi da altri artisti presentati nella mostra, il pittore Kamal Boullata (Palestina) non si è interessato solo di singole lettere arabe, ma di intere frasi, spesso noti versetti di testi sacri islamici e cristiani.

In questo periodo sono emersi nuovi gruppi di artisti nel mondo arabo per affrontare la questione di come localizzare e ricontestualizzare i modernismi in atto nel XX secolo. Il Baghdad Group for Modern Art fondato nel 1951 ha attinto da oggetti archeologici mesopotamici e motivi locali (come gli antichi simboli cuneiformi) infondendone la propria estetica. Uno dei membri più di rilievo nel gruppo, Shakir Hassan Al Said, ha mostrato anche un’affinità con la Hurufiyya. Negli anni ’60, quando l’artista ha preso a interessarsi di sufismo e delle potenzialità spirituali dell’arte, ha pubblicato il “Contemplative Art Manifesto” nel quale si batte per un approccio all’arte meditativo e trascendente. Nel suo lavoro di quel periodo si nota la pratica di graffiare, intagliare, bruciare e alterare in altri modi la superficie dell’opera d’arte per creare composizioni amorfe che sembrano riferimenti al cosmo stesso.

Mohamed Melehi (Marocco), Composition, 1970, acrilico su legno, 47x39 cm. Collezione della Barjeel Art Foundation, (Sharja, EAU). Courtesy of Grey Art Gallery, NY
Mohamed Melehi (Marocco), Composition, 1970, acrilico su legno, 120×100 cm. Collezione della Barjeel Art Foundation, (Sharjah, EAU). Courtesy of Grey Art Gallery, NY

La Scuola di Casablanca in Marocco, collettivo artistico d’avanguardia fondato nel 1965, ha promosso la ricerca nell’ambito del retaggio locale per coltivare linguaggi visuali autentici e varietà di materiali ad hoc rispetto ai loro contesti culturali e politici. Formato da artisti come Mohamed Chebaa, Farid Belkahia e Mohamed Melehi, la filosofia della scuola si è concentrata sull’impegno a studiare la cultura locale islamica e amazigh, viste dai membri del gruppo come intrinsecamente legate a modalità d’espressione non figurative. Esaminando la pittura geometrica del Marocco, l’incisione, la decorazione a mosaico, i tappeti, così come gli schemi islamici e i simboli del tatuaggio amazigh, la svolta della Scuola di Casablanca verso l’arte astratta è stata spinta dal desiderio di una metodologia che avesse rilevanza storica e richiamasse la cultura locale che esisteva prima della colonizzazione. Le opere fortemente geometriche di Mohamed Chebaa evocano piani architettonici e topografie schematizzate; la sua opera risalente agli anni ’70, Composition, è resa come scultura in rilievo di legno, sottolineando il legame della scuola con l’artigianato e la manifattura. Farid Belkahia ha guardato all’artigianato tradizionale della medina per il suo lavoro, usando tinte naturali stese su pergamena e pelle animale invece di olo su tela per creare le sue composizioni contemplative. Le composizioni curvilinee dai colori vivaci di Mohamed Melehi riflettono sia la forma e il movimento delle onde del mare che il gesto di scrivere in calligrafia araba.

Come quello della Scuola di Casablanca, anche il lavoro del gruppo Aouchem (Algeria) ha cercato di reinterpretare il simbolismo locale e la body art attraverso composizioni astratte. Il gruppo, il cui nome significa ‘tatuaggio’ in arabo, è stato attivo per un breve periodo (1967-1971). Pur non avendo firmato il manifesto del gruppo Aouchem, Mohammed Khadda ha echeggiato le idee principali del gruppo nel contemplare le dimensioni mistiche di rune e simboli della cultura amazigh. Nelle sue opere vediamo segni grafici che evocano pittogrammi calligrafici, dipinti su una superficie di tonalità di terra.

Per molti artisti e artiste nel mondo arabo che stavano realizzando opere non figurative, la geometria e la matematica erano principi guida. Hanno spesso tratto ispirazione da schemi decorativi islamici, architettura, tappeti e tessuti. L’artista Saloua Raouda Choucair (Libano) ha sviluppato il suo linguaggio unico d’arte astratta, congiungendo forme che non facevano specifico riferimento a oggetti, luoghi o lingue. Le sue tele geometriche e sculture organiche rivelano un approccio profondamente intellettuale e olistico che mescola influenze tratte da matematica, filosofia, scienza, architettura e spiritualità. Come nota Suheyla Takesh: “La matematica è servita come strumento pratico per gli artisti in cerca di esempi del genere, tanto per la sua precisione quanto per il potenziale che ha di ridurre l’errore umano”.

Saloua Raouda Choucair (Libano), Interform, 1960, legno, 23x12x4 cm. Collezione della Barjeel Art Foundation (Sharjah, EAU). Courtesy of Grey Art Gallery, NY
Saloua Raouda Choucair (Libano), Interform, 1960, legno, 60x32x11,5 cm. Collezione della Barjeel Art Foundation (Sharjah, EAU). Courtesy of Grey Art Gallery, NY

Le nature morte geometriche dell’artista Samia Halaby (Palestina) prodotte dopo i suoi viaggi in Egitto, Siria e Turchia nel 1966 per studiare l’architettura islamica e il disegno geometrico, esplorano il modo in cui il colore di volumi dipinti influisca sull’illusione di profondità. L’artista Saliba Douaihy (Libano) contemporaneo di Saloua Raouda Choucair emigrato negli Stati Uniti nel 1950 ha prodotto composizioni geometriche dai contorni forti e dalle tinte vivaci influenzate anche dal paesaggio. L’artista cita il Mar Mediterraneo come fonte d’ispirazione per molti dei suoi dipinti astratti minimalisti.

Anche la pittrice Etel Adnan (Libano) ha creato opere influenzate dal paesaggio, in particolare da luoghi che avevano per lei un significato personale. La scrittrice Kaelen Wilson-Goldie nota il rilievo assunto dai paesaggi astratti tra questi artisti: “Il particolare approccio del mondo arabo rispetto all’arte del paesaggio può derivare dal fatto che il paesaggio dev’essere astratto perché è stato perduto – smarrito per Etel Adnan e Saliba Douaihy; perso, più di recente, da generazioni di palestinesi, iracheni e siriani”.

Testo e immagini: Courtesy of Grey Art Gallery

La Grey Art Gallery è il museo di belle arti della New York University, situato nello storico Washington Square Park nel quartiere Greenwich Village della città di New York.

La Barjeel Art Foundation è un’iniziativa indipendente con sede negli Emirati istituita per gestire, preservare ed esporre un’ampia collezione di arte araba moderna e contemporanea.

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