Blue, la mostra di Hassan Sharif alla Gallery Isabelle van den Eynde (Dubai)

Il critico d’arte americano Kevin Jones descrive Blue, la mostra di Hassan Sharif…

Dal 18 marzo al 6 maggio 2019 la Gallery Isabelle van den Eynde di Dubai ospita la mostra Blue dell’artista Hassan Sharif (Emirati). 

Il testo che segue è stato scritto dal critico d’arte americano Kevin Jones e tradotto da Claudia Avolio per gentile concessione dell’autore:

La Gallery Isabelle van den Eynde è orgogliosa di presentare Blue, la terza personale di Hassan Sharif nella galleria, incentrata sull’approccio al colore altamente individuale dell’artista scomparso [nel 2016]. Variando tra diverse serie di opere – dipinti, Objects, Boxes, Experiments e anche pezzi in stile Semi-System – Blue rivela come l’impiego quasi irriverente del colore da parte dell’artista esemplifichi la sua intera filosofia del fare arte. Strenuo sperimentatore che ha spinto al limite la sua stessa esplorazione, Hassan Sharif ha messo in atto una strategia duplice col colore – sovvertendolo ed elevandolo. Mutevole, cangiante, sabotato o incorniciato perché lo spettatore rifletta, il colore è un fil rouge che percorre quattro decenni di lavoro.

Considerando la pratica di Hassan Sharif attraverso lo specifico prisma del colore, Blue ci spinge a riesaminare la complessità della sua visione, fornendo uno sguardo più da vicino ad alcuni degli impulsi e delle contraddizioni che lo hanno plasmato.

“Sprezzantemente ripetitivo”, come lui stesso si è descritto in una serie di saggi insolitamente introspettivi, Hassan Sharif mantiene nella sua pratica un equilibrio avvincente tra rigore e casualità. Da un lato, i lenti, vani gesti di legare, intessere, annodare, e la netta meticolosità dei Semi-Systems. Dall’altro, un gusto per il caso, per il lasciare che un processo si sbrogli, per il seguire un lavoro lungo un percorso inaspettato. Il suo senso dell’ironia – l’umorismo sardonico, il sarcasmo pungente, il giocoso essere smaliziato – ne pervade ogni battito.

Mentre il colore è massimizzato a fini tanto rigorosi quanto casuali – la precisione di quadrati dipinti singolarmente nella serie Squares (2013) e l’inventiva selvaggia di Cadmium Red Hue (2010) – per Hassan Sharif esso costituisce chiaramente un luogo per inventare. I colori sono complici della volontà dell’artista di giocare. Si diverte un mondo a ingannare la nostra visione, spogliando i colori del loro significato o dotandoli di una condizione materiale.

Il sovvertire è uno dei due approcci complementari al colore che appaiono in Blue. Al contempo corroso ed esaurito, il colore nella serie di dipinti Venus and Fish (2009) è del tutto slegato da ogni referente. C’è un senso del brivido del sabotaggio, del soggiogare il contenuto in gran parte costante all’esperimento cromatico che si svolge in modo un tantino frenetico. Altrove, Hassan Sharif dà titoli alle opere con nomi di colori. La dicitura descrittiva “cadmium red hue”, tonalità rosso di cadmio imitazione (la precisa nomenclatura cromatica che sarebbe stata presa dal tubetto di colore), diventa il titolo del dipinto Cadmium Red Hue. Eppure, cosa stiamo vedendo davvero? Il colore è sabotato, dirottato. Nella sua reinvenzione, la confusa tonalità non è più solo un mero componente: è divenuta il contenuto stesso, imbavagliando la scena figurativa che cerca di emergere tra i suoi tocchi esuberanti.

Parallela a tendenze sovversive del genere c’è la volontà di Hassan Sharif di elevare il colore, sebbene con lo stesso guizzo ironico. Tali gesti sono schietti e sinceri: il colore qui ha quasi la funzione di un materiale. Un umorismo prettamente à la Hassan Sharif cova in Untitled (2016), questo secchio stracolmo di carta velina intrisa di blu in cui lo spettatore deve sbirciare. Qui il blu è isolato, delimitato per farci riflettere; l’umile secchio macchiato di vernice è la sua improbabile cornice. Nel trittico Blue (2016), il colore ha vita propria, e diventa in effetti stranamente organico mentre scivola lungo la superficie e passa attraverso il magma di carta usata e sgualcita.

Hassan Sharif non è mai diretto con noi spettatori. Parte del piacere di leggere la sua pratica risiede nel navigare in questo vuoto tra ciò che dice e quel che fa, assaporando le contraddizioni e gustando questo viaggio disseminato di indicazioni tanto filosofiche quanto fortuite. In quasi tutte le opere di Blue, il colore ha l’ultima parola. È inestricabilmente collegato alla convinzione di Hassan Sharif che l’arte debba scuoterci, spingerci a mettere in discussione inerti modi di pensare. Nella sua lotta gemella per generare sia significato che insensatezza, il colore emerge come strumento critico. In definitiva, attraverso il colore, Hassan Sharif demistifica la nozione stessa di opera d’arte.

(dalla biografia dell’artista che segue il testo): “Hassan Sharif (1951-2016) ha dato un contributo vitale all’arte concettuale e alla pratica di sperimentazione in Medio Oriente durante 40 anni di performance, installazioni, disegni, dipinti e assemblaggi. (…)”

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